Il Genius Loci e la società moderna
lo spirito del luogo
Il genius loci è una definizione latina che rimanda alle credenze tipiche romane secondo le quali vi fosse uno spirito del luogo ad abitare le terre del loro smisurato impero.
Essi credevano che le divinità governassero ogni singola azione della loro vita e il genius loci altro non fosse che lo spirito di un luogo, ciò che lo distingueva e lo proteggeva e lo rendeva unico rispetto a qualsiasi altro.
Gli antichi romani erano soliti pascolare un bue dove volevano costruire un edificio e dopo alcuni mesi sacrificarlo per verificare che gli organi interni fossero intatti come prova che il luogo fosse privo di inquinamento e adatto all’edificazione.
È strano pensare che tanti secoli fa, prima dell’era industriale, prima dell’inquinamento globale come lo viviamo ora, già i romani si preoccupassero di eventuali agenti nocivi presenti nel terreno e che volessero prevenirli prima di insediarsi in un luogo.
Che attenzione poniamo ora al luogo in cui scegliamo di vivere?
Adesso che ce ne sarebbe veramente bisogno, che informazioni raccogliamo prima di acquistare un terreno o un immobile per ristrutturarlo?
A mio avviso questa attenzione è fondamentale. Scegliere accuratamente il luogo o l’edificio dove si vuole vivere o dove si vuole insediare la propria attività è molto importante, perché ha ripercussioni sul nostro benessere e sulla “fortuna” della nostra vita stessa, anche se gli dei a cui ci rivolgiamo sono cambiati.
Da sempre i miei progetti partono da un attento studio preliminare che coinvolge l’edificio da ristrutturare o il lembo di città in cui si trova il lotto da edificare.
Ritengo che acquisire più notizie possibili sia il primo atto per ottenere il miglior risultato: una ricerca storica, bibliografica e fotografica, indagini in loco, saggi sul terreno e sull’edificio a seconda della scala d’intervento.
Per esperienza, togliere l’intonaco da ampie porzioni di muratura nei punti cruciali, demolire piccole porzioni di solai e scavare controterra per ricercare la quota di fondazione dell’edificio, mi ha sempre portato a scoprire informazioni interessanti degli edifici di cui mi sono dovuta prendere cura; informazioni che mi hanno permesso successivamente di orientare il progetto e far sì che la storia del fabbricato potesse trovare un seguito in quella del mio committente.
Nel corso dei secoli il genius loci è diventato un concetto particolarmente caro agli architetti; costruire e quindi antropizzare il territorio nel rispetto dello spirito che lo caratterizza e lo differenzia da tutti gli altri luoghi. A questo proposito una pietra miliare sull’argomento rimane il saggio del 1979 di Christian Norberg-Schulz, Genius Loci, che consiglio di leggere a chi voglia approfondire l’argomento.
In parole povere potremmo definire genius loci ciò che distingue ad esempio Bologna, con i suoi tetti fatti di coppi rossi, i suoi muri in mattoni, i suoi portici, da Alberobello, con le sue costruzioni tipiche, i trulli, e i suoi colori completamente diversi.
Bologna, vista dei tetti in coppi rossi
Alberobello, i trulli
Durante la grande corsa alla speculazione edilizia degli anni 60, amministrazioni dissennate hanno armato costruttori e tecnici senza memoria che hanno progettato edifici tutti uguali da nord a sud Italia, senza alcuna attenzione al luogo, ai materiali tipici, alla cultura e alla storia, facendo sì che le periferie edificate in quegli anni divenissero dei “non luoghi”: posti senz’anima.
È mia premura, ogni volta che mi trovo a ristrutturare unità immobiliari di questo tipo, ricercare quell’anima, dare vita e ordinare ciò che apparentemente è nato senza speranza, frutto di un mero calcolo economico. Con le tecnologie, le conoscenze e i mezzi odierni pare impossibile non riuscire a costruire edifici che sappiano dialogare con l’intorno, che sappiano inserirsi armoniosamente nel paesaggio, che siano costituiti di materiali che vengono trattati secondo la loro natura.
In conclusione penso che un’architettura che rispetti il genius loci sia un’architettura che dialoga con i materiali e i colori tipici del territorio, che conosca le usanze, le proporzioni, gli usi e i costumi locali; senza false imitazioni di un passato che non esiste più, ma con riguardo e consapevolezza di ciò che esso rappresenta.
Ritengo che il progetto debba essere il filo conduttore tra il passato e il futuro, tra il luogo e il committente, e mi adopero perché questo avvenga per ogni singolo incarico che ricevo.
Scrivetemi se l’articolo vi è piaciuto e se volete saperne di più!
Nell’immagine di testata: Montese, intervento di ristrutturazione.
Durante i lavori abbiamo rinvenuto una vasca di catrame. Il primo piano era una terrazza e nel progetto si è previsto di segnalare questo avvenimento, lasciando la porzione dell’originario parapetto intonacata e deliminatandola con una fascia in laterizio. Per maggiori informazioni sul progetto, clicca qui.